Naufraghi senza volto

La storia del ragazzo con la pagella e non solo: un libro prezioso

Dare un nome  alle vittime del Mediterraneo

di Cristina Cattaneo  – Raffaello Cortina Editore Milano 2018

[…] Restammo tutti colpiti, quel giorno, da un cadavere in particolare. Si sentiva che pesava meno degli altri. All’apertura del sacco vedemmo che si trattava di un corpo con gli arti quasi scheletrizzati, vestito con una giacca simile a un piumino, un gilè, una camicia e dei jeans. Notai che Anna, Vera ed Albert si erano focalizzati sul polso: “ Si vede che non è fuso…” sentivo Albert parlare con la sua cantilena parmigiana. Anna, che stava lavorando all’altro tavolo, disse: “ Date un’occhiata alla cresta iliaca”. Capii subito che stavano guardando il corpo di un adolescente. Le ossa si formano dall’unione di diverse parti più piccole che durante la crescita si fondono. Le loro dimensioni e il loro livello di fusione scandiscono le diverse età. In questo caso l’estremità del radio, che si articola con il polso era del tutto distaccata dal resto dell’osso: “Sotto i 18 anni”, disse Vera.  Anna la stava invitando a soffermarsi sul bacino per vedere se poteva essere addirittura più giovane. Albert spostò i jeans lacerati e guardò la cresta iliaca, il margine spigoloso dei fianchi: anche questa non era fusa. Consultò gli schemi con cui avevamo tappezzato le pareti della tende e disse: “ Con questo passiamo da 18 a 16”. Vera, infine, pensò di osservare anche la dentizione: estrasse con facilità il secondo e il terzo molare dalla mandibola, ormai anch’essa scheletrizzata: “Prof”, disse afflitta ancora dal torcicollo dovuto alla temperatura eccessivamente fredda nelle tende, “la radice ha appena iniziato a formarsi”.  Mi stava indicando il terzo molare: con questo scendevamo a 14 anni, ed era il nostro “ragazzo” più giovane. Iniziammo a svestirlo. Mentre tastavo la giacca, sentii qualcosa di duro e quadrato. Tagliammo dall’interno per recuperare, senza danneggiarla, qualunque cosa fosse. Mi ritrovai in mano un piccolo plico di carta composto da diversi strati. Cercai di dispiegarli senza romperli e poi lessi: Bulletin scolaire e, in colonna, le parole un po’ sbiadite mathematiques, sciences physiques… Era una pagella. “Una pagella”, qualcuno di noi ripeté a voce alta. Tutti si avvicinarono e ci furono diversi secondi di silenzio durante i quali si sentiva soltanto il lontano chiacchiericcio dei medici legali che operavano nella tenda accanto dettandosi appunti. Pensammo tutti la stessa cosa, ne sono sicura: con quali aspettative questo giovane adolescente del Mali aveva con tanta cura nascosto un documento così prezioso per il suo futuro, che mostrava i suoi sforzi, le sue capacità nello studio, e che pensava gli avrebbe aperto chissà quali porte di una scuola italiana o europea, ormai ridotto a poche pagine scolorite intrise di acqua marcia?

Quarta di copertina del libro:

“ Il corpo di un ragazzo con in tasca un sacchetto di terra del suo paese, l’Eritrea; quello di un altro, proveniente dal Ghana, con addosso una tessera della biblioteca; i resti di un bambino che veste ancora un giubbotto la cui cucitura interna cela la pagella scolastica scritta in arabo e in francese. Sono i corpi delle vittime del Mediterraneo, morti nel tentativo di arrivare nel nostro paese su barconi fatiscenti, che raccontano di come si può “morire di speranza”. A molte di queste vittime è stata negata anche l’identità. L’emergenza umanitaria di migranti che attraversano il Mediterraneo ha restituito alle spiagge europee decine di migliaia di cadaveri, oltre la metà dei quali non sono mai stati identificati. Il libro racconta, attraverso il vissuto di un medico legale, il tentativo di un paese di dare un nome a queste vittime dimenticate da tutti, e come questi corpi, più eloquenti dei vivi, testimonino la violenza e la disperazione del nostro tempo.