IL MCE NEL TRENTENNALE DELLA CONVENZIONE ONU l’infanzia è bene comune ‘Il bambino è della stessa natura dell’adulto’ ( C. Freinet, Invariante n. 1)

Il Movimento di cooperazione educativa ha fra i propri impegni prioritari la tutela, lo sviluppo, il riconoscimento di pari dignità e di cittadinanza attiva e partecipativa di tutti e tutte i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze e lo stimolo al costante miglioramento dei loro contesti di crescita e di educazione. Un impegno che consiste nella pratica dell’ascolto, della realizzazione di forme di  convivenza democratica e di cittadinanza, di ampliamento degli spazi e delle condizioni per la partecipazione democratica.

Per lunghissimo tempo i bambini e le bambine sono stati considerati ‘minori’, non in grado di avere spazi di autonomia e riconoscimento di competenze, idee sulla realtà, progettualità.

Se ascoltati, invece, dimostrano di avere elaborazione circa i loro bisogni e capacità di prospettare soluzioni ai problemi del loro contesto e del mondo.

La Convenzione Internazionale  sui Diritti dell’Infanzia approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 a New York, di cui nel 2019 ricorre il trentennale, é diventata legge in quasi tutti i Paesi del mondo. In Italia è stata ratificata con legge n. 176/’91. Ma non trova soddisfacente attuazione da parte della società, delle istituzioni pubbliche, della politica.

La Convenzione  segna un punto di svolta fondamentale perché   bambini, bambine e adolescenti vengono considerati soggetti di diritti, cittadini e cittadine  a tutti gli effetti fin dalla nascita, non solo destinatari di cure.

Assieme all’ascolto, occorrono precise garanzie di un riconoscimento non formale, che rischia di risolversi in una graziosa concessione quando non  di una strumentalizzazione: bisogna che nei regolamenti delle principali istituzioni pubbliche, le scuole, le biblioteche, le ludoteche, gli enti locali, si introducano i principi fondanti della Costituzione: la libertà di espressione, le forme della partecipazione, la co-progettazione, il coinvolgimento nelle scelte di vita. Lo stesso diritto di famiglia va rivisto in questo senso, dando spazio a una parità e a una condivisione delle scelte e della conduzione della vita familiare.

E’ quanto il MCE propone alla politica, all’istruzione, alla ricerca, alla società civile.

Occorrono specifiche misure per la tutela della cultura dell’infanzia e dell’adolescenza spesso soffocata e compromessa da sovrapposizioni funzionali al consumismo e al familismo particolarmente presente nel nostro paese.

Occorre liberare i soggetti dal possesso proprietario del familismo amorale di cui soffre il nostro paese. Ribadendo che ‘i bambini del mondo sono figli di tutti’, che la loro cura e crescita non si ferma ai confini, non può essere racchiusa dentro muri, essere  subalterna alle scelte familiari o politiche. 

La scuola può essere luogo di apprendistato alla vita democratica.

Educare alla cittadinanza planetaria contro ogni forma di etnocentrismo e di chiusura e a un’ecopedagogia come tutela rispetto riequilibrio di forze rispetto a tutti gli esseri viventi  è oggi quanto mai indispensabile per un pensiero autonomo, critico, libero da condizionamenti, mode, compulsioni ad avere più che ad essere.

Occorre costruire la convinzione che ogni bambino/a che soffre, che è prigioniero, sfruttato, profugo, rinchiuso in campi in condizioni inumane è fratello/ sorella di ognuno dei nostri bambini/e.

I ragazzi e le ragazze vanno tutelati dall’essere indottrinati, esposti a messaggi tesi a indurre in loro stereotipi, violenza verbale, razzismo. Occorre operare per ampliare, non per restringere la loro percezione e rappresentazione della realtà. Riflettere sul fatto che i diritti, pur se riconosciuti, non sono ammessi e posseduti allo stesso modo in tutti i contesti e in tutti i luoghi: che rischiano in molte situazioni di essere astratti e universali, ma non realmente attivi. E i diritti, se non sono di tutti, sono privilegi di pochi.

In occasione del trentennale il MCE invita le scuole  a dedicare tempo, ricerca e documentazione, progettazione di attività ed eventi, accesso  alla conoscenza e alla consapevolezza delle problematiche che vive l’infanzia nel mondo e anche in varie situazioni nel nostro paese, così da costruire empatia, atteggiamenti cooperativi e solidali, assunzione di responsabilità, iniziativa, resilienza ed autostima (in particolare nei soggetti più fragili ed esposti).

Al riguardo il secolo precedente ha avuto antesignani ‘nobili’ delle disposizioni della Convenzione, difensori dei diritti.  Ne ricordiamo alcuni.

Eglantine Jebb nel 1919 ha fondato Save the Children, colpita dalle terribili condizioni di vita dei minori in Europa dopo la prima guerra mondiale. Ha nticipato il concetto, rivoluzionario per l’epoca, che anche i bambini fossero titolari di diritti, e cominciato una serie di  rivendicazioni nei confronti delle istituzioni e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

Che ogni bambino affamato sia nutrito, ogni bambino malato sia curato, ad ogni orfano, bambino di strada o ai margini della società sia data protezione e supporto.’

Januzs Korczàc ha dedicato la propria vita ai ragazzi orfani e perseguitati, organizzando nell’orfanatrofio di Varsavia un modello di repubblica dei ragazzi in parte autogestito e governato da regole condivise e discusse periodicamente in assemblea (cfr. ‘Come amare il bambino’, 1919).

Fra i diritti dell’infanzia, nel contesto tragico del ghetto di Varsavia, ha incluso  il diritto del bambino alla morte, il diritto del bambino alla sua vita presente, il diritto del bambino a essere quel che è. Ha accompagnato i suoi ragazzi a Treblinka. E’ sua la famosa frase ‘non dobbiamo abbassarsi a livello dei bambini, ma innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli.’

Célestin Freinet ha posto al centro della sua pedagogia il bambino prima che le tecniche i contenuti le discipline. Ha elaborato una struttura organizzativa originale basata sul lavoro, sulla cooperazione, sull’esplorazione di tutti i linguaggi e sull’uso di una pluralità di strumenti. Un’autentica rivoluzione rispetto ai metodi tradizionali di insegnamento. Nel 1957, nel congresso di Nantes del movimento di scuola moderna fondato da Freinet. è stata elaborata la ‘Carta del bambino’, a cura di un gruppo di insegnanti, pedagogisti, pediatri, architetti, in cui si indicano i fondamentali diritti (incluso quello di associarsi liberamente, proponendo che ogni municipio, ogni paese istituisca una ‘casa del ragazzo’ dove potersi incontrare in autonomia) . La Carta, trasmessa all’Unesco, è uno dei documenti da cui le successive Carte del 1959 e del 1989 hanno tratto ispirazione.

Si potrebbero citare molti altri adulti ‘benevoli’ verso l’infanzia, da L. Malaguzzi a G. Rodari, da M. Montessori a M. Lodi: tutti hanno posto al centro della loro pedagogia la necessità di riconoscere ai ragazzi le loro potenzialità, di fornire stimoli adeguati e non modelli a cui adeguarsi, il diritto di parola e di accesso alla cultura, alla bellezza, all’arte, alla scienza.

Accanto a loro, ragazzi e ragazze che hanno realizzato al meglio le aspettative circa le capacità di cui tutti possono avvalersi quando le condizioni di vita lo consentano: Iqbal Masik (‘Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite’);  Malala Yusufai (‘Un bambino, un insegnante, un libro e una penna  possono cambiare il mondo’); Greta Thunberg (‘Voi dite di amare i vostri figli sopra ogni cosa, ma state rubando loro il futuro davanti agli occhi’) . Il ragazzo Simone che si è opposto alle manifestazioni violente contro i Rom. Il ragazzo rom uscito con i libri di scuola sotto braccio durante le operazioni di sgombero. il ragazzo del Mali annegato con la pagella cucita addosso. Quanto abbiamo da imparare da loro!

MOVIMENTO DI COOPERAZIONE EDUCATIVA