La Lingua Dolce, la Lingua Amara (racconto lokpa)

Racconto raccolto a Kolokundé (Djougou)-Benin in “Contes et légendes du Benin” La sauvegarde d’un héritage – a cura di Isräel
Mensah, Ed. Khartala, 2005, Paris

Un re molto crudele faceva regnare il terrore fra i suoi sudditi. Si accaniva soprattutto su quelli che avevano una anche minima autorità. Senza neppure sospettarlo, diventavano suoi nemici, come per una maledizione.

Un giorno riunì i giovani del suo regno e disse loro:
“ Ditemi, amici miei! A cosa sono utili i vostri genitori? Non vedete che non sono più buoni a nulla, tranne che di lasciarvi liberi di fare a modo vostro e di badare ai vostri interessi? Ho preso quindi una decisione dolorosa ma necessaria:vi ordino di eliminare tutte queste bocche inutili.
Non sarà permesso nessun tipo di pietà, inutile che cerchiate di non eseguire il mio ordine!”.
Un silenzio di tomba fece seguito alle dichiarazioni del re.
Terribilmente sconvolti, i giovani erano incapaci di reagire. Non si sentiva nessuna protesta, tutti avevano paura del castigo del re. Con la morte nell’anima, ognuno dovette sottomettersi alla sua volontà.
In quel villaggio abitava una famiglia povera. Il maggiore dei fratelli, Houì, si incaricò in tutta fretta di andare a nascondere segretamente il suo vecchio padre in un’altra località.
Poco tempo dopo, il re tornò a riunire i giovani e disse loro:
“ Che ciascuno di voi uccida un montone. E domani all’alba, me ne dovete portare la parte che secondo voi è la più dolce!”
I giovani obbedirono senza protestare e sgozzarono un montone ciascuno.
Houì, il giovane che aveva nascosto lontano suo padre, corse a trovarlo e gli raccontò le nuove stranezze del re.
“Sbrigati”, gli disse suo padre, “uccidi un montone, tagliagli la lingua e portala al re!”.
All’alba, il gong del re risuonò nel villaggio. Tutti i giovani si diressero verso il palazzo, ognuno con la parte migliore che aveva cucinato. La maggior parte di loro aveva scelto le parti più grasse.
Il re riunì i giovani per la terza volta. Disse loro:
“Ognuno di voi deve uccidere una capra. Domani mattina me ne dovete portare la parte più amara!”
Questa nuova richiesta de re fece cadere i giovani in una grande perplessità, e insieme li spaventò molto. A che gioco stava giocando il re?
Cosa voleva ancora da loro? L’assenza degli anziani si faceva sentire.
Houì, quello che aveva nascosto suo padre, corse ancora una volta a consultarlo e gli spiegò le nuove richieste del re. La sua risposta non si fece aspettare:
“Portagli la stessa parte! Se ti domanda perché, gli devi rispondere: – La lingua ci permette di parlare, di scambiare delle notizie, di scherzare, di ridere e di consolare. Ma essa può anche far litigare, può portarci alla
vendetta, alla guerra, a tutte le sofferenze che esse portano con sé, può far diventare nemici, può comunicare il dolore”.
L’indomani mattina, senza aspettare, i giovani si riunirono nel palazzo del re, ognuno con il suo pezzo di carne. Alcuni avevano scelto le zampe, altri gli intestini, altri ancora il fegato, o delle parti senza del grasso. Ma tutti
erano come paralizzati dalla paura, in attesa della reazione del re. Il solito cerimoniale si svolse alla presenza dei soldati e di tutti gli abitanti del villaggio. A turno i giovani si presentarono con il pezzo di carne che
avevano scelto. Houì si fece avanti anche lui e presentò al re la lingua di capra.
Il re si stupì e si arrabbiò e disse in tono iroso:
“ Tu hai il coraggio di presentarmi la stessa parte dell’altro giorno, piccolo svergognato! Mi avevi detto che la lingua è la parte più dolce e adesso vieni a dirmi che è anche la più amara. Mi prendi in giro?”
Senza spaventarsi, Houì rispose:
“Maestà, voi siete il più grande e il più potente re della terra. Dovete dunque sapere che la lingua è la cosa migliore e peggiore. Essa fa nascere e crescere la fraternità fra gli uomini. Allo stesso tempo, può suscitare
l’odio e la vendetta. Essa può creare l’unità nelle famiglie e fra i villaggi.
Ma può anche originare la discordia e la guerra.” 
Il re non poté trattenere la sua ammirazione.
“Sono sicuro che tu non hai ucciso tuo padre!”
Il re gli mise un anello al dito e, girandosi verso il suo popolo, annunciò solennemente:
“A partire da oggi, noi circonderemo i nostri genitori di amore e rispetto.
Per la loro esperienza, essi sono i veri depositari della saggezza. Essi sanno trasmetterla ai loro figli e alle loro figlie.”
E il re aggiunse:
“Ecco il vostro nuovo re! Dovrete obbedirgli e rispettarlo!”
E’ da quel giorno che i Lokpa hanno creato questo proverbio:
“Anche il povero che viene disprezzato può conquistare rispetto e considerazione degli altri per la sua saggezza.”