Una pietra di inciampo davanti a ogni scuola

SaltaMuri :Diffondiamo e moltiplichiamo l’idea nata in un liceo della provincia di Salerno.

Il tavolo “SALTAMURI, Educazione sconfinata per l’infanzia, i diritti, l’umanità” invita tutte le studentesse e studenti e insegnanti che stanno lavorando sui temi dell’immigrazione di prendere in considerazione l’idea di incastonare all’ingresso della loro scuola una “pietra d’inciampo” per ricordare il ragazzo del Mali annegato con la pagella cucita nell’abito e i tanti altri giovanissimi immigrati mai arrivati in Italia e in Europa, che avrebbero potuto abitare le nostre scuole insieme a noi.

La vignetta di Makkox dedicata al bambino con la pagerlla

ARTICOLO di Franco Lorenzoni

“Una pietra della memoria all’ingresso di un liceo per ricordare il ragazzo del Mali annegato con la pagella cucita nel vestito”

Da sabato 26 gennaio, entrando nell’atrio del Liceo scientifico di Pagani, in provincia di Salerno, ragazze, ragazzi e insegnanti dovranno fare attenzione a non inciampare in una piccola lastra di ottone incastonata tra le mattonelle grigie del pavimento. Quella mattonella dorata, diversa dalle altre, ricorda un loro coetaneo nato in Mali e annegato nelle acque del Mediterraneo a 14 anni, il 18 aprile del 2015, nel più spaventoso naufragio avvenuto nel Mediterraneo dalla seconda guerra mondiale, nel quale morirono annegati oltre mille esseri umani che cercavano di raggiungere il nostro paese.

Nessuno conosce il suo nome, ma Cristina Cattaneo, medico legale che ha raccolto con cura le sue spoglie, nel libro “Naufraghi senza volto” ha rivelato un dettaglio che ha commosso molti. Cucito nel risvolto di una tasca dei suoi abiti ha infatti trovato, ben riposta, la sua pagella piena di buoni voti scritti in arabo e francese. Un documento che dava prova del suo impegno scolastico che lui ha desiderato portare con sé nella lunga traversata del deserto e del mare, perché probabilmente sognava potesse fargli da lasciapassare nel trovare un lavoro o magari proseguire gli studi, dando.

Per ricordare quel ragazzo Elzida Pepe, preside del Liceo scientifico “Mangino” di Pagani, insieme ad alcuni insegnanti ha pensato fosse giusto incollare una piccola targa a terra. Chiedendole ragione di questa scelta, ci ha tenuto a sottolineare che quel segno, ben visibile nel pavimento all’ingresso dell’Istituto che dirige, è solo uno dei punti di arrivo di un progetto didattico dedicato ai migranti, frutto di una ricerca che nella scuola dura dal 2015 e ha coinvolto i ragazzi del biennio.

Gli studenti hanno incontrato in più occasioni un gruppo di profughi presenti negli scorsi anni nel paese e quest’anno, in occasione della giornata della memoria, hanno preparato uno spettacolo che intrecciava il ricordo degli stermini nazisti con quella che la preside chiama “una shoah sommersa sott’acqua”, a cui assistiamo impotenti da anni. 

Parlando con Sofia Fatina, l’insegnante che ha condotto la ricerca, emerge un’esperienza educativa ricca e articolata che ha appassionato ragazze e ragazzi. “Ho sempre cercato di ragionare sulla shoah in classe, cercando collegamenti con l’attualità, la storia e la letteratura. Siamo andati in cerca del valore della memoria in senso universale e nel mito abbiamo incontrato la storia di Antigone, che abbiamo intrecciato con le rime della ballata del vecchio marinaio di Coleridge e con alcune pagine di Primo Levi.

Il tema che abbiamo affrontato con i ragazzi riguarda l’angoscia dei salvati, costretti a ricordare tramandando le memorie di chi non ce l’ha fatta.

“C’era una volta una nave…” così comincia la ballata di Coleridge, ma quella nave c’è ancora e noi abbiamo il dovere di ricordare tutti gli olocausti e tutti coloro che muoiono ogni settimana sui barconi”, prosegue l’insegnante, aggiungendo che “esplorare l’angoscia del ricordo ci ha portato a trovare nessi stupefacenti, perché nel mito c’è tutto”.

“La didattica per scenari, promossa dall’INDIRE nell’ampia rete delle “Avanguardie educative”, è stata fatta propria a modo loro da alcuni insegnanti del Liceo di Pagani e “li ha portati a comporre e assemblare per la scena brani letterari – aggiunge la dirigente scolastica – offrendo l’opportunità ai ragazzi di studiare a loro insaputa…”.

L’espressione utilizzata dalla preside è curiosa, ma è proprio questo che accade a ragazze e ragazzi quando fanno teatro: entrano in un territorio in cui trovano il modo di esplorare le parole dando loro spessore e senso con le loro voci e nei loro corpi vivi, in movimento, senza accorgersi, per l’appunto, che questo non è che un altro modo, diverso e forse più efficace, di studiare.

“Siamo partiti da Antigone – riprende la professoressa Fatina – perché è l’emblema della responsabilità della memoria, e abbiamo trovato sulla nostra strada Hegel, Kant, Hume, Foscolo…”

L’artista tedesco Gunter Demnic dal 1992 percorre le città d’Europa proponendo di cementare a terra le sue pietre d’inciampo (Stolpersteine) in modo che si depositi, nel tessuto urbano delle città europee, una memoria visiva diffusa dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti. L’iniziativa consiste nell’inserire nel selciato stradale delle città dei blocchi di pietra ricoperti da una piastra di ottone con scritto il nome di ogni singola vittima, davanti all’ultima abitazione in cui ha vissuto, prima di essere deportata nei campi di sterminio. In 25 anni, nelle città di 18 nazioni europee, l’artista ha incastonato oltre 56.000 pietre d’inciampo.

Ora questo stesso gesto artistico, poetico e di testimonianza civile è stato fatto proprio da un gruppo di studenti e insegnanti di un liceo della provincia di Salerno, che alla fine di una loro rappresentazione dedicata a esplorare e a mettere in scena l’angoscia dei sopravvissuti, ha voluto incastonare, nel pavimento della scuola, una targa che ricorda lo sconosciuto ragazzo del Mali annegato con la sua pagella.

Le pietre d’inciampo dell’artista tedesco evocano, come luogo della memoria, la soglia dell’ultima casa abitata dalle vittime. La pietra posta dai ragazzi di Pagani ora è ben visibile sulla soglia di una scuola che forse, se avesse avuto maggiore fortuna, il ragazzo del Mali avrebbe potuto frequentare per completare gli studi a cui teneva tanto.

Qualsiasi altra scuola avrebbe potuto ospitare quel ragazzo del Mali senza nome, o le tante altre ragazze e ragazzi partiti giovanissimi per raggiungere l’Europa, spesso soli e mai giunti a destinazione, che noi chiamiamo distrattamente minori non accompagnati.  

Ecco perché questo gesto simbolico potente, immaginato nel liceo di un paese del sud, è stato fatto proprio dal tavolo SaltaMuri (www.saltamuri.it), che da settembre coordina la maggioranza delle associazioni professionali dei docenti ed oltre 130 gruppi e associazioni impegnate nella società civile contro ogni discriminazione. Quel gesto può essere infatti preso in considerazione e replicato nelle moltissime altre scuole che in tutta Italia, in questi mesi, si stanno impegnando in percorsi didattici che affrontano il tema delle migrazioni.

Quando siamo in grado di raccogliere e ascoltare storie di sofferenza senza voltarci dall’altra parte e impariamo a sostare e a ragionare intorno a dati che rivelano la complessità di una questione ineludibile, la scuola riesce davvero a ritrovare il ruolo di costruttrice di cultura che le spetta, liberandoci dalla superficialità di frasi fatte e dai troppi demagogici tweet che, semplificando la realtà, non ci fanno capire nulla di ciò che accade davvero intorno a noi.